Per secoli il francese è stata la lingua franca in Europa e molti francofoni (nonché francofili) sperano ancora in una sua rinascita.
Michel Barnier, ex Ministro degli Esteri francese e responsabile UE per i negoziati col Regno Unito in materia di Brexit, proponeva, infatti, di utilizzare proprio il francese come lingua di trattativa. Il perché? Bisogna scavare un po’ nei libri di storia.
Il Trattato di Roma, che nel 1957 istituiva la CEE, fu redatto nelle lingue degli allora paesi fondatori: italiano, tedesco, olandese e francese. Per varie ragioni il francese si impose ben presto come lingua più utilizzata nelle istituzioni e ancora oggi, insieme all’inglese, è una delle lingue di lavoro ufficiali nella maggior parte delle organizzazioni internazionali.

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Solo dopo l’ingresso del Regno Unito e della Repubblica d’Irlanda nella CEE, nel 1973, la lingua inglese e quella francese entrarono in competizione tra loro. La concorrenza diventò più grande negli anni novanta, quando fecero il loro ingresso nella Comunità Europea Austria, Finlandia e Svezia, paesi in cui la lingua inglese era (e con tutta probabilità è ancora) più parlata del francese.
Le lingue ufficiali dell’UE sono passate da 4 a 23 nell’arco di sessantadue anni e godono tutte di pari dignità linguistica, tutelata dall’art. 55 TUE. Il multilinguismo è indubbiamente una ricchezza enorme ed una caratteristica unica dell’Unione Europea che – per inciso – è anche la più grande macchina di traduzione a livello mondiale. I documenti ufficiali vengono infatti tradotti in tutte le lingue dell’Unione. Molti considerano il multilinguismo europeo anche la principale causa della mancanza di una vera e propria identità europea, ma questo è un discorso ben più lungo.
Torniamo adesso al discorso della lingua inglese. Perché il suo status in Europa è così peculiare? Quando il Regno Unito e la Repubblica d’Irlanda sono entrati nella CEE, l’ostilità tra i due paesi era in quegli anni particolarmente forte. Al momento dell’adesione il Regno Unito ha nominato l’inglese come lingua ufficiale autoctona (official native language) del paese, mentre l’Irlanda ha scelto il gaelico. Anche Malta, nel 2004, ha adottato il maltese al posto dell’inglese. Perché privilegiare il gaelico e il maltese se l’inglese è la vera lingua della globalizzazione?
Si tratta chiaramente di una scelta di prestigio: gaelico e maltese sono lingue – per così dire – minori e necessitano di più protezione rispetto all’inglese, che gode comunque dello status di lingua ufficiale (official language) sia a Malta che nella Repubblica d’Irlanda. L’inglese è oggi la lingua franca dell’Europa, ma senza il Regno Unito nell’Unione, diventerebbe territorio neutro per tutti gli europei. Per gli esperti è inverosimile, nonché del tutto improbabile, pensare che il francese, il tedesco o addirittura l’italiano possano diventare più potenti dell’inglese, che rimane comunque utilizzato in enorme misura in tutte le istituzioni europee.
In realtà, anzi, pare che la lingua inglese possa addirittura trarre beneficio dalla Brexit: alcuni linguisti sostengono che, trovandosi l’inglese nella condizione di non essere più la “lingua natia” (official native language) di alcuno stato membro, diventerebbe la lingua di tutti e sarebbe parlata su base egualitaria da tutti gli europei. Questo potrebbe addirittura portare alla nascita di una nuova varietà di inglese, il cosiddetto European English, dotato di uno spelling proprio al pari delle altre varietà linguistiche. Sembra dunque ovvio che, anche in un mondo post-Brexit, l’inglese continuerà ad avere un ruolo fondamentale in tutta l’Unione Europea.
Fonti:
Darrah, Kim (2018). Why English will still be important to Europe in a post-Brexit world, EuropeanCeo, consultato il 22/03/2019.https://www.europeanceo.com/business-and-management/why-english-will-still-be-important-to-europe-in-a-post-brexit-world/.
Linn, Andrew (2016). English is and will be the lingua franca of Europe in spite of Brexit, Quartz, consultato il 22/03/2019. https://qz.com/725130/english-is-and-will-be-the-lingua-franca-of-europe-in-spite-of-brexit/.