Di Federico Caroppo
La comunicazione rappresenta un elemento di fondamentale importanza in qualunque attività umana di tipo cooperativo. Volendo generalizzare, il concetto di “comunicazione” possiede un ruolo centrale per qualunque essere vivente in grado di interagire attivamente con i suoi simili, e dunque a maggior ragione risulta la base per una struttura societaria come quella umana. Anche a livello intimo, psicologico, comunicare con un altro individuo viene considerato quasi necessario: la semplice idea di non poter comunicare con nessuno può spesso spaventare, e questo perchè l’interazione è parte integrante della nostra vita, ci permette di difenderci dalla solitudine e dal senso di abbandono che questa comporta (ovviamente questa affermazione non vuole elevarsi ad assoluto: è la solitudine considerata nella sua connotazione negativa ad essere l’oggetto della mia osservazione, e non il desiderio di intimità, che pur rientra nella sua sfera di inclusione). Ciò detto, vorrei porre mente al termine che poco fa ho utilizzato come alternativa a “comunicazione”, ovvero “interazione”. Le persone tendono spesso a non considerare quella miriade di forme comunicative, con le loro sfumature, che non sono riconducibili alla sola interazione verbale (basti pensare al corpo e alle informazioni che esso ci dà, al contesto in cui avviene la conversazione o al tono della nostra voce). Dunque quando interagiamo, appunto, con un altro individuo, non stiamo semplicemente comunicando, ci stiamo interfacciando con lui attraverso un meccanismo, in effetti, molto complesso. Eccoci quindi giunti al nucleo della questione: cosa succede se i meccanismi di interazione vengono limitati a una pura comunicazione diretta? Cosa implica la comunicazione a distanza, e dunque in che modo l’essere connessi si relaziona al comunicare?

L’ascesa di Internet ha rappresentato forse la più imponente innovazione tecnologica (e, senza dubbio, sociale) della storia contemporanea: l’introduzione dell’idea di un mondo totalmente connesso, di una conoscienza condivisa e in continua espansione, ha cambiato il modo nel quale percepiamo noi stessi, gli altri e le nostre potenzialità.

Eppure, essere connessi implica forse un maggior livello di comunicazione? Certamente sì, per quanto concerne la “quantità”: banalmente, una rete come quella dei social network permette di comunicare con più persone e più velocemente di come si potrebbe fare se non esistesse. Ma tale incremento vale anche sotto il profilo della “qualità”? Se, attraverso un servizio di messaggistica istantanea (mi permetto di escludere servizi “live cam” o lo stesso telefono cellulare in senso stretto, perchè effettivamente possono essere in parte paragonati ad una interazione fisica, completa), decidessi di inviare ad una persona una frase, diciamo, sarcastica, oppure volessi semplicemente definire meglio e con maggiore precisione il tono del mio messaggio (fondamentale per un tipo di comunicazione chiara e non fraintendibile), non potrei semplicemente farlo. Per meglio dire, dovrei utilizzare mezzi alternativi da aggiungere alla mia frase (si considerino le ormai fondamentali “emoji”) per contestualizzarne il carattere. Si tratta di un esempio molto semplificato, ma rende perfettamente l’idea di che cosa significhi interagire attraverso i mezzi digitali: filtrare le proprie capacità comunicative. Tale conclusione implica forse che quella digitale non sia un tipo di interazione ottimale o consigliabile? Assolutamente no. Come per qualunque azione che si effettui su Internet, è semplicemente necessario conoscere ed essere consapevoli di ciò che si sta facendo e di come lo si sta facendo; nel nostro caso, si deve possedere la consapevolezza che il nostro interlocutore non ha tutti i mezzi per comprendere a fondo in che modo stiamo interagendo con lui.
Non possiamo considerarlo un rischio in senso stretto ma, in un certo qual senso, un segnale: ci fa chiaramente comprendere come la vita digitale, virtuale, non possa sostituire la vita reale; e questo risulta essere effettivamente un problema estremamente importante nella società del XXI secolo. Siamo di fronte a un bivio, perchè la nostra vita e il modo stesso nel quale la percepiamo sono cambiati all’improvviso: imparare a convivere con la rete e le sue implicazioni, sfruttandone le potenzialità, oppure esserne assorbiti, senza sapere a cosa questo ci potrebbe portare. La trasformazione della comunicazione (che, per inciso, si riflette anche sulle modalità di interazioni reali e sul linguaggio in uso) rientra in questo fenomeno di ampio spettro, e rappresenta peraltro una realtà molto vicina ai giovani e dunque centrale nel panorama sociale moderno.

In conclusione è vero, siamo connessi. E questo implica sicuramente la possibilità di ampliare enormemente le nostre capacità comunicative in senso puramente quantitativo. Come per ogni grande innovazione, c’è però un compromesso da accettare: la perdita di quelle squisite microinterazioni che rendono parlare con una persona, relazionarsi con lei, un’esperienza completa, complessa e soprattutto affascinante.