FILM ESTREMI DA VEDERE ALMENO UNA VOLTA: TITANE DI JULIA DUCOURNAU

“Invecchiare di colpo. Succede. Soprattutto se un tuo film partecipa a un festival. E non vince. E invece vince un altro film, in cui la protagonista rimane incinta di una Cadillac. Invecchi di colpo. Sicuro.”

Sono queste le parole con cui Nanni Moretti commenta in un post la vittoria della Palma d’Oro del film di Julia Ducournau. Ed è sicuramente ciò che pensiamo tutti dopo aver visto Titane.

Parlarvi di questo film non è facile, la regista lo definisce “una storia d’amore”, ma io credo sia molto di più. Sul Vulture, Rachel Handler descrive la sua percezione del film così: “[…] watching them is like plunging your brain into an ice bath, then strapping it into a race car and driving it off a cliff”.

Vorrei raccontarvi quest’opera senza descrivere la trama, per farvi entrare totalmente in contatto con la pellicola come lo è stato per me.

Guardare questo film provocherà sicuramente sensazioni scomode per tutto quello che succederà, probabilmente vorrete abbandonarlo prima di finirlo, perché Julia Ducournau decostruisce la figura umana a tal punto che l’attrice principale, Agathe Rousselle, subì una essa stessa una depersonalizzazione durante il periodo delle riprese.

“Basically, my body didn’t belong to me for two months of shooting, it was really disturbing. I didn’t have time to just regroup and be Agathe again. So I had this kind of dissociated experience”.

Questo film parla di fluidità nella forma più generale, non c’è più distinzione tra genere maschile e femminile, tra essere madre o figlia, tra umano e macchina. Titane può essere visto come un percorso identitario, così come la fusione tra l’umanità e il metallo. È un capolavoro del body horror, ma allo stesso tempo la regista non vuole che sia definito come horror, sarebbe riduttivo.

Scatto promozionale dal film

Io credo sia estremamente importante soffermarsi sulla genesi, Julia Ducournau non è una regista canonica, è il suo secondo lungometraggio in 10 anni ed è vincitore della Palma D’Oro 2021.

Subito dopo aver rilasciato Raw, il primo film, Julia inizia a pensare al suo prossimo lavoro, eppure per un anno non riesce a scrivere nulla, è totalmente senza idee.

“When I say a year, it’s not like a year and I’m going on holiday. It’s a year, every morning, you wake up, you take a shower, you dress, and you sit in front of your computer all day and nothing comes. […] There is no way I can actually enjoy my life if I think I’ll never be able to do something ever again, only way was to try.”

La prima ispirazione di questo film sono gli incubi notturni della regista sul partorire pezzi di automobili, uno alla volta. “I think the collision between this pure act of life and this material that is dead and cold on the floor was something that disturbed me and was also attractive to me”. L’unica descrizione di Titane  che era disponibile prima della distribuzione e presente tutt’ora su Rotten Tomatoes è: “Titane: A metal highly resistant to heat and corrosion, with high tensile strength alloys, often used in medical prostheses due to its pronounced biocompatibility”. Non è altro che la definizione del titanio come elemento chimico.

Ammetto che questo film non è standard, non a caso è stato boicottato agli Oscar 2021, non c’è stato nessun annuncio pubblico sulla sua candidatura.  Non ci sono stati nemmeno spot pubblicitari in televisione, è stato classificato in Italia con il V.M.18, eppure non ci sono scene apertamente violente o piene di sangue “alla Tarantino”. Concordo in pieno la descrizione pubblicata da LA Times: Titane è un film che parla di una donna che si comporta come una macchina, pericolosa e automatica, priva di sentimenti e di empatia, che immagina se stessa come incompatibile con altri essere umani.

Se vi avessi raccontato la trama del film, probabilmente lo avreste immaginato come un film di serie b, non al lavoro straordinario della regista Julia Ducournau. Questo lungometraggio è l’ultimo prodotto dell’avanguardia cinematografica “New French Extremity”, alla quale appartengono anche altri film controversi, come “Love” (disponibile su Netflix) e “Irrévesible” di Gaspar Noè, pellicole in cui la violenza e il sesso sono componenti non marginali, ma fondative, esplicite e volutamente crude. La celebrazione della vita passa attraverso la materia umana, perché è proprio da qui che è nata.

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