The French Dispatch

Quando Arthur Howitzer Jr., direttore del giornale ‘The French Dispatch Of The Liberty, Kansas Evening Sun’ che ha sede nella città francese di Ennui-sur-Blasé, muore, la redazione del giornale si riunisce per scrivere il suo necrologio. Secondo le volontà espresse nel suo testamento, la pubblicazione del giornale viene interrotta dopo un ultimo numero d’addio in cui, insieme al necrologio, vengono ripubblicati i quattro migliori articoli.

Sinossi

Un film, un necrologio

Il titolo integrale di questo film è The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun, che è il nome di un fittizio supplemento domenicale di un altrettanto fittizio quotidiano del Kansas. Esso viene scritto a Ennui-sur-Blasé (che significa “noia su apatia”, nomen omen?), in Francia, ed è stato girato nella stessa nazione, ma ad Angoulême.

Nell’incipit del film viene brevemente raccontata la nascita di questo supplemento, creato da un ricco americano del Midwest nel 1925, il cui motto è: “Non si piange nel mio ufficio”; questa impresa, però, termina con la morte del proprietario stesso, il quale lascia precise istruzioni in merito nel proprio testamento . Qui non lavorano semplici giornalisti, bensì artisti, come Herbsaint Salzerac (Own Wilson) che racconta la cronaca e i criminali che incontra girovagando in bicicletta, J. K. L. Berensen (Tilda Swinton), esperta d’arte, Lucinda Krements (Francesc McDormand) che parla di politica, Roebuck Wright (Jeffrey Wright), gastronomo.

Il giornale è “un fattuale reportage settimanale sui temi di politica mondiale, le arti, nobili e meno, e varie storia su ciò che è di umano interesse”. Il film è diviso in episodi, alcuni più riusciti e altri meno, ma tutti accumunati dagli elementi stilistici tipici di Wes Anderson (come in Grand Budapest Hotel), la cura dei dettagli, l’attenzione agli abiti, i colori pastello, le geometrie, l’alternarsi di scene in bianco e nero e a colori.

Una storia, tante storie

Questo film è in realtà costituito da quattro racconti, uniti da una cornice che è la rivista stessa, tanto che più che un film è un’antologia. Ciascun capitolo del film rappresenta una storia precedentemente raccontata e pubblicata sul French Dispatch. Si inizia con una panoramica di Ennui-sur-Blasé, ‘Il reporter di ciclismo’, nel quale lo spettatore viene guidato, con una punta di nostalgia, alla scoperta della città sede della rivista.

Il primo capitolo è intitolato ‘Il capolavoro concreto’ e racconta di un artista psicotico (Benicio Del Toro) rinchiuso in un carcere e della sua musa, Simone (Léa Seydoux), una delle guardie carcerarie. Il secondo è ‘Revisioni a un manifesto’ e narra dei moti studenteschi di protesta del 1968 e del giovane Zeffirelli (Timothée Chalamet) che li guida. Il terzo ed ultimo, ‘La Sala da Pranzo Privata del Commissario di Polizia’, è incentrata su un reportage culinario che si trasforma in un’indagine sul rapimento del figlio del commissario e che vede la comparsa dello chef Nescaffier (Stephen Park).

Ode ai giornali

Il French Dispatch assomiglia non poco al New Yorker, forse il più conosciuto periodico culturale in lingua inglese, per il semplice fatto che è un omaggio al New Yorker, così che i personaggi sono ispirati a giornalisti, scrittori, collezionisti d’arte reali; ogni riferimento a persone o fatti è espressamente voluto.

“Questo film tratta di giornalismo ma non è sul giornalismo”, sottolinea Anderson“Alla fine del film, sullo schermo, appaiono i nomi di coloro che hanno ispirato questo mio lavoro, ma si tratta per me di un omaggio a qualcuno, di mostrare il rispetto nei confronti di qualcuno da cui ho imparato qualcosa.”

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