LA DEVIANZA

di Tiziana Dassie

Chi sono i criminali? Cosa porta le persone a estraniarsi dalla società e dalle sue regole? I criminali sono i cosiddetti “devianti sociali”. Devianti sono coloro che attuano comportamenti non conformi ai canoni di normalità e liceità di una certa società in un determinato momento storico. Se considerassimo la società come un gruppo, con le sue norme e regole, i devianti sarebbero in pratica gli esclusi, i “diversi”.

All’interno della scuola di Chicago sono nati i primi studi sul fenomeno della devianza nella forma di ricerca etnografica su particolari comunità devianti (ad esempio sulle bande giovanili o sui vagabondi). Sotto quest’ottica la condotta deviante è vista come il prodotto di una subcultura; come se quindi all’interno del grande “gruppo” che è la nostra società, con le sue norme e valori, si venisse a creare un “sottogruppo”, cioè una subcultura, con un proprio complesso di idee, valori, modelli di comportamento e linguaggio in contrasto con quelli della società nella quale sono inseriti (comportamenti devianti appunto).

Da questo punto di vista si può quindi considerare la devianza come una “socializzazione alternativa” all’interno di un gruppo ristretto, dove alcune norme che dalla società di origine sono viste come illecite vengono considerate normali. Tra i casi più evidenti di questo fenomeno ci sono le cosche mafiose o altre organizzazioni criminali che possono essere considerate a tutti gli effetti delle subculture. E’ interessante notare come all’interno di questi gruppi può essere data molta importanza a valori all’apparenza uguali a quelli dell’intera comunità: basta pensare al senso dell’onore, lealtà, sacralità della famiglia che però nelle organizzazioni criminali vengono usati a spregio delle leggi dello Stato e per azioni che vanno contro la convivenza civile.

Quali sono le cause della devianza, ovvero cosa spinge le persone a diventare criminali? Ci sono state diverse teorie che hanno cercato di rispondere a questa domanda.

Robert Merton osservò che la società tende a proporre ai singoli il raggiungimento di determinati obiettivi, ma non sempre i mezzi disponibili sono sufficienti per conseguirli. Negli individui si crea quindi frustrazione e la devianza può essere vista come una sorta di “scorciatoia” per raggiungere i propri fini tramite vie diverse da quelle della legalità. La teoria di Merton sarebbe perfetta per spiegare le origini della devianza se questa si verificasse solo tra gli individui e i gruppi meno abbienti della società; è evidente però che le infrazioni non avvengono solo da parte di persone appartenenti a classi più povere: basta pensare ai reati di corruzione ed evasione fiscale (i cosiddetti “reati dei colletti bianchi”, che riguardano le classi medio-alte della società).

La seconda generazione di studiosi della scuola di Chicago elaborò una teoria un po’ diversa. Secondo questi sociologi ognuno di noi può percepire una spinta verso un certo comportamento deviante: è un’ esperienza comune a tutti e non per questo dobbiamo considerarci criminali. La spinta a trasgredire le regole quindi non è così “patologica”; il problema si pone nel momento in cui un individuo inizia una carriera deviante diventando un vero e proprio delinquente. Perché questo accade? Perché la maggior parte delle persone non intraprende questa strada ma qualcuno sì? Il punto secondo gli studiosi sta nel rapporto tra individuo e società, nel modo in cui la società etichetta la persona. Goffman e Becker in questo senso hanno elaborato la labelling theory (“teoria dell’etichettamento”), secondo cui il modo in cui gli altri ci vedono ha una grande influenza sulla costruzione della nostra identità. Dal momento in cui un individuo viene sorpreso in un atto percepito come illegale dalla società ha una grande importanza la reazione della società stessa nei confronti di quella persona: il modo in cui chi si accorge dell’atto deviante si comporta può determinare l’inizio o meno di un percorso deviante.

Ogni individuo ha bisogno di una propria identità che sia anche riconosciuta dalla società. Nel momento in cui la società classifica una persona come delinquente, questa sarà più portata a comportarsi come tale pur di avere un’identità riconosciuta, seguendo lo stesso meccanismo della profezia che si autoadempie. Certo anche la presenza di subculture devianti o il divario esistente tra mezzi e fini di cui parlava Merton sono fattori che possono predisporre maggiormente una persona verso una carriera criminale, ma non bisogna dimenticare il grande potere che ha lo sguardo della società e delle altre persone nei confronti dell’individuo.

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