Il clima che cambia (tra passato e futuro)

INTRODUZIONE

Stiamo vivendo in un’era glaciale.
Questa è un’affermazione che può sembrare parecchio strana, sia perché non ci sono mammut che scorrazzano fuori dalla finestra e sia, soprattutto, perché da tempo giornali e siti di notizie ci bombardano di titoli come: “Il 2020 è stato l’anno più caldo di sempre” (come se quest’anno non avesse già fatto abbastanza danni!). La parola chiave qui è quel “sempre” utilizzato in sua accezione molto relativa.
Quattro miliardi di anni fa, quando la Terra era un agglomerato di magma incandescente, di sicuro ci sono stati interi millenni molto più caldi del 2020. Ma quello che potrà stupire alcuni è che le temperature sono rimaste ben più alte di quelle attuali per il 95% di tutto il tempo in cui la Terra è esistita. Le temperature che noi consideriamo “normali”, per il nostro pianeta rappresentano una rara eccezione.
Quando si parla delle “temperature più alte di sempre” ci si riferisce, dunque, a quelle “registrate”, ovvero alle misurazioni del clima svolte attraverso strumenti e metodi scientifici; le prime misurazioni sistematiche della temperatura globale, però, sono cominciate solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Un “sempre”, dunque, decisamente breve.

BREVISSIMA STORIA DEL CLIMA

Tornando al discorso “era glaciale”: da cosa si definisce cosa sia e cosa non sia un’era glaciale? Molto semplice: dalla presenza di ghiaccio ai Poli. Infatti, quando tirannosauri e pteranodonti dominavano il panorama terrestre, le temperature erano così alte da impedire la formazione di ghiaccio sia al Polo Sud che al Polo Nord.
I rettili, però, sono animali a sangue freddo; noi mammiferi non avremmo mai potuto prosperare in un clima simile tanto che abbiamo dovuto aspettare che si raffreddasse. Ed è quello che è successo a partire da circa 50 milioni di anni fa, dopo l’estinzione dei dinosauri. Le temperature si sono abbassate sempre di più, i Poli si sono ricoperti di ghiacciai riflettendo parte dei raggi solari, e due milioni circa di anni fa l’umanità è nata (Homo habilis) e si è sviluppata, attraversando l’era glaciale in senso stretto. Durante quel periodo, in Europa, le temperature massime potevano scendere fino ai 12 °C.

Fin dal principio la sopravvivenza stessa del genere umano è stata messa in pericolo da catastrofi ambientali. Noi siamo abituati a pensare che il clima si autoregoli, e che solo l’intervento umano possa scatenare mutamenti drammatici, ma non è così: prendiamo per esempio i vulcani.
Ben 75.000 anni fa, a Sumatra, il vulcano Toba esplose. Solo che, a differenza delle “normali” eruzioni, questa interessò bene o male il mondo intero. Il cielo venne oscurato da polveri e aersol per parecchi anni, e la temperatura mondiale precipitò di ben 5 °C, con effetti devastanti sulla crescita della vegetazione, e, conseguentemente, sugli stessi mezzi di sostentamento dell’uomo.
L’umanità rischiò concretamente l’estinzione.

Da questo punto di vista, al momento potremmo anche considerarci fortunati: le peggiori catastrofi climatiche della storia umana sono sempre state relative a drastici cali di temperatura, non a suoi innalzamenti. Ma non è detto che continuerà ad essere così anche in futuro, come vedremo.

A proposito di innalzamenti, circa 12.000 anni fa la temperatura media si alzò di 7 °C in pochissimo tempo; qualche millennio più tardi (6000 a.C.) iniziò la cosiddetta “Fase atlantica”, ossia la fase più calda di cui abbia esperienza il genere umano.
Il clima era caldo e umido, il livello dei mari era più elevato di quello odierno, e le temperature erano di ben 2-3 °C superiori a quelle attuali. Ebbene sì, anche per noi umani ci sono stati momenti in cui faceva molto più caldo rispetto al 2020. E non sono stati momenti da poco: l’aumento delle temperature e della piovosità del 6000 a.C. hanno permesso l’innescarsi della “Rivoluzione Neolitica”, ovvero il processo che ha portato allo sviluppo e alla diffusione dell’agricoltura e, conseguentemente, alla civiltà vera e propria.

Da cosa è stato causato questo aumento delle temperature? Sicuramente non dall’attività dell’uomo come quello attuale, dal momento che ai tempi non c’erano mezzi per impattare sull’ambiente in modo rilevante.
La verità è che le cause di questo innalzamento non sono chiare: l’unica cosa abbastanza sicura è che insieme alle temperature sono saliti anche i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera.
Ogni aumento delle temperature, infatti, è correlato a un aumento di anidride carbonica; non è ancora del tutto certo quale sia la causa e quale sia l’effetto, ma che le due cose siano in relazione è innegabile.

La Fase Atlantica non è stato però l’unico momento in cui le temperature arrivarono a questi livelli.
Ai tempi dell’Impero Romano si raggiunse il cosiddetto “Roman Climate Optimum”, ovvero una combinazione di alte temperature e clima mite e umido che favorì Roma nelle sue conquiste e nel suo sviluppo interno. Allora, larghe porzioni del Deserto del Sahara erano fertili, e il Nordafrica era considerato il granaio dell’Impero.

Questo periodo propizio durò fino al III secolo dopo Cristo. Da qui in poi il clima cominciò a diventare sempre più freddo (le temperature calarono di 1-1,5 °C) e le precipitazioni più rare e violente. I raccolti peggiorarono, e la denutrizione favorì la diffusione di malattie; in questo contesto di crisi anche la stabilità dell’Impero cominciò a venire meno, vittima di crisi politiche sempre più frequenti.
A tutto questo si accompagnarono le migrazioni dei popoli barbarici; un paio di secoli dopo, l’Impero Romano d’Occidente collassò.

Ma le brutte notizie non finiscono qui, per questo periodo storico: il 536 d.C. fu definito da molti contemporanei “l’anno senza sole”. Una fitta coltre di nubi ricoprì il cielo per mesi e mesi, il sole si scorgeva a malapena e solo per poche ore al giorno; il clima si irrigidì sensibilmente, e in tutto il globo si diffusero terribili carestie e malattie, tra cui la famosa “peste di Giustiniano”. Dei 15 milioni di persone che popolavano i territori dell’Impero Romano al suo massimo sviluppo, ne rimase meno della metà. Cosa può aver causato una tale catastrofe? Di nuovo, un vulcano (probabilmente quello di Rabaul, in Papua Nuova Guinea).

Il clima tornò a scaldarsi durante il Basso Medioevo, aiutando molto probabilmente la grande espansione agricola e demografica successiva all’Anno Mille. In questo periodo, detto “Interglaciale del Basso Medioevo”, le temperature tornarono ad essere paragonabili (e, in certi casi, superiori) a quelle attuali. Detto questo, anche le alte temperature non ebbero sempre risvolti positivi: in questo periodo si hanno resoconti di estati segnate da grandi siccità, fiumi e laghi prosciugati, boschi consumati da incendi, invasioni di cavallette e così via.

Dall’inizio del ‘300, però, le temperature si abbassarono nuovamente; curiosamente, nel 1348, la Peste Nera falcidiò un terzo della popolazione europea. Niente vulcani, questa volta: è stata ipotizzata una diminuzione dell’attività solare.
Comincia qui un lungo periodo freddo, la cosiddetta “Piccola Era Glaciale”, che arrivò sino ai principi del Novecento. I ghiacciai crebbero e molti fiumi, come il Tamigi, sperimentarono numerose gelate; anche la Laguna di Venezia si congelò in diverse occasioni.
Il clima non era solo freddo, ma anche secco: la mancanza di precipitazioni impoverì molti suoli, e le zone desertiche del Sahara si estesero fino a raggiungere i confini attuali.

Questo periodo ebbe molti risvolti sulla vita delle persone, tra cui quelli psicologici: l’incertezza per le condizioni di vita precarie, la scarsità di cibo, la facilità del contrarre malattie, le frequenti morti di persone care, le guerre e le catastrofi naturali (come inondazioni e gelate) favorirono considerevolmente lo sviluppo di disturbi psichici. La stessa mancanza di luce e calore solare provocava spesso il cosiddetto “Seasonal Affective Disorder“, che altro non è che una sorta di “depressione climatica”. Uniti tutti assieme, questi aspetti non dipingono certo un quadro felice dell’epoca.

VERSO IL FUTURO

Insomma, cosa ci dice tutto questo dei mutamenti climatici che stiamo vivendo (e che vivremo in futuro)?
Alcuni potrebbero essere tentati di scrollare le spalle e dire “beh, a questo punto, se il clima si scalda, tanto meglio”. Ebbene, non è così semplice.
Sono tre i concetti chiave: desertificazione, scarsità d’acqua e innalzamento del livello dei mari.

  • Desertificazione: con l’aumento delle temperature e la diminuzione della piovosità, il clima rischia di diventare sempre più arido, compromettendo l’agricoltura e i raccolti nelle aree più esposte (tra cui l’Europa meridionale).
  • Scarsità d’acqua: lo scioglimento dei ghiacciai e l’aridità possono mettere a rischio l’approvvigionamento di acqua dolce in molte zone del mondo dove ora non ci sono problemi, aggravando invece le condizioni di zone già colpite.
  • Livello dei mari: milioni di persone, oggi, vivono nelle fasce costiere. Se il livello del mare si alzasse anche solo di un metro (cosa possibile, con lo scioglimento dei ghiacci polari), moltissime città e centri abitati si allagherebbero o scomparirebbero del tutto.

Cosa provoca tutto ciò, oltre agli ovvi disagi? Migrazioni. Intere zone del mondo rischiano di diventare inabitabili, e a quel punto milioni di persone non avrebbero altra scelta se non spostarsi altrove. E le migrazioni, come la storia ha dimostrato e continua a dimostrare, provocano tensioni politiche e sociali. Per di più, viviamo in un mondo globalizzato, con un mercato finanziario unico: disastri climatici, anche se limitati su scala nazionale, possono avere gravi ripercussioni per l’economia globale.

E, per concludere, siamo in 8 miliardi. Duemila anni fa, ai tempi dell’Impero Romano, eravamo 300 milioni. Un’inondazione che allora avrebbe colpito a malapena un centinaio di persone, oggi può colpirne centinaia di migliaia.

Viviamo in un momento molto particolare della storia umana, e per il bene di tutti, ma anche e soprattutto di noi stessi, dobbiamo comprendere l’importanza che il clima ha avuto e sta avendo per l’umanità intera. E, se possibile, agire di conseguenza.

Per approfondire:

Photo by NastyaSensei on Pexels.com

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