di Niccolò Fagotto e Matteo Zamuner
Per un attimo, distraiamoci dai problemi prettamente nostrani. Negli USA si avvicinano le elezioni del 3 novembre. Tanti statunitensi hanno già espresso il proprio parere attraverso il voto anticipato. La pandemia non bloccherà il sistema politico americano. Non c’è dubbio. Quindi, ci si potrebbe chiedere perché sia interessante riflettere su un evento apparentemente così distante, così slegato dai nostri problemi quotidiani, dalle nostre difficoltà politico-economiche. Perché ragionare su un avvenimento del genere? Ecco, il fatto è che le elezioni non influenzeranno solo gli USA. Non sono qualcosa di alieno. Non sono prive di grattacapi, tanto politici quanto sociali, tanto astratti quanto concreti. Per non sforzare troppo la memoria, si ricordi l’impatto che ebbe Barack Obama nella guerra in Iraq, in Afghanistan, in Libia. Si pensi alle conseguenze del suo operato, sia in politica estera, sia in politica interna (i diritti LGBT, la tutela ambientale, l’Obamacare). Oggi le nazioni occidentali sono incredibilmente indebolite. La Cina, al contrario, prosegue il suo cammino per diventare la prima potenza mondiale. In uno scacchiere geopolitico così complesso, teso e mutevole, le elezioni americane sono cruciali.
Questi articoli non vogliono (né, tanto meno, possono) essere una trattazione completa di un fenomeno così complesso, ma mirano a permettere al lettore, come minimo, di farsi un’idea di quello che è successo, che sta succedendo e che succederà, e dare anche qualche utile spunto per approfondire il tutto.
Le elezioni del 3 novembre prossimo, in realtà, metteranno in palio ben più della semplice Presidenza: tutti i 435 seggi della House of Representatives, un terzo (33) di quelli del Senato, varie poltrone (11) da governatore (e le Assemblee Legislative dei relativi stati), oltre a moltissime cariche minori. Parlare di tutti questi sarebbe semplicemente impossibile, perciò ci concentreremo sulla sfida a maggior impatto mediatico, la corsa per la Presidenza.
Detto ciò, partiamo presentando i candidati, Donald Trump e Joe Biden.
D. J. Trump
Donald J. Trump, nato a New York nel 1946, è figlio di un imprenditore immobiliare, Fred Trump, una figura autoritaria che influenzò profondamente il figlio. Quest’ultimo iniziò la propria carriera nello stesso settore del padre, costruendo casinò, hotel e campi da golf in giro per il mondo, con fortune piuttosto altalenanti, tanto che varie proprietà hanno dovuto dichiarare bancarotta nel corso degli anni.
Balzò agli onori della cronaca nel 2004, grazie al programma The Apprentice, da lui condotto per più di dieci anni; questa trasmissione gli permise di ottenere, oltre ad una notevole fama, guadagni multimilionari, coi quali riuscì a sistemare le proprie finanze.
Dopo aver sostenuto per molti anni i Democratici, nel 2011 cambiò campo e nel 2016 si candidò alle primarie del Partito Repubblicano (secondo alcuni solo al fine di diffondere maggiormente la sua immagine e ottenere uno stipendio maggiore per The Apprentice). Inizialmente sottovalutato dagli altri candidati e dagli analisti, riuscì brevemente ad ottenere molto spazio sui giornali e nelle reti TV, grazie ad una serie di frasi razziste e misogine.
Dopo aver vinto a sorpresa tali primarie, venne considerato da molti analisti come perdente nelle votazioni di novembre. La notte dell’8 novembre stupì quasi tutti, vincendo la maggioranza dei Grandi Elettori, ed entrò in carica come 45° Presidente degli Stati Uniti d’America il 20 gennaio 2017.
Dopo una serie di errori e polemiche negli ultimi mesi, tra cui ricordiamo la minaccia di non riconoscere l’esito delle elezioni, una gestione poco accorta della crisi sanitaria e la nomina di Amy Coney Barrett alla Corte Suprema, secondo i sondaggi Trump è indietro nella maggior parte degli Swing States, tanto che svariati senatori repubblicani in cerca della riconferma hanno iniziato a distanziarsi dalle sue posizioni.
Punti salienti del suo programma sono il sostegno alle fonti energetiche non rinnovabili, la guerra commerciale con la Cina, il taglio delle tasse (soprattutto ai più ricchi), la non regolazione del mercato delle armi, l’abolizione dell’Obamacare e politiche contrarie all’immigrazione.

J. Biden
Il principale oppositore di Trump nelle elezioni di quest’anno è Joe Biden. Biden, nato a Scranton (Pennsylvania) nel 1946, è il candidato del Partito Democratico.
Divenne senatore per il Delaware nel 1973 (stato dove la sua famiglia si era trasferita da molti anni); negli stessi anni la sua vita fu funestata da alcuni lutti familiari, con la perdita della moglie e della figlia minore. Dopo aver cresciuto da solo i due figli rimasti, si risposò nel 1977, e pochi anni dopo ebbe un’altra figlia.
Mantenne il seggio al Senato per ben 36 anni di seguito, e ricoprì la carica di Presidente della Commissione Giustizia e della Commissione Esteri del Senato.
Candidato alle primarie democratiche del 2008, si ritirò dopo il voto in Iowa, e ad agosto venne chiamato da Barack Obama come candidato alla vicepresidenza. Ricandidato nel 2012, venne rieletto insieme ad Obama. Dato come favorito nelle primarie del 2016, decise di non presentarsi, anche a causa della morte del figlio maggiore Beau.
Dopo aver presentato la sua candidatura alle primarie democratiche del 2020, rischiò la sconfitta ad opera di Bernie Sanders (senatore del Vermont, candidato autodefinitosi ‘socialista democratico’); nonostante ciò, grazie al ritiro degli altri due candidati moderati, Pete Buttigieg ed Amy Klobucher, e al mancato ritiro di Elizabeth Warren (senatrice del Massachusets, candidata con posizioni simili a Sanders), ottenne la nomination tanto agognata.
Se si volesse riassumere con poche parole il suo programma, basterebbe dire: il contrario di quello di Trump. Tra i vari punti, si hanno la salvaguardia dell’Obamacare, un Green New Deal, una tassazione più equa ed una politica più concessiva sul fronte dell’immigrazione.

Il sistema elettorale
L’elezione del POTUS si basa su un sistema di votazione indiretta, tale per cui i cittadini votano i Grandi Elettori, e questi poi eleggono il Presidente.
Detto così, il sistema sembrerebbe semplice, ma bisogna porsi due domande: quanti sono e, soprattutto, come sono distribuiti questi Grandi Elettori?
I Grandi Elettori sono 538, ed eleggono Presidente e Vicepresidente degli USA a maggioranza assoluta (quindi servono almeno 270 voti). Il numero di Grandi Elettori di ciascun stato è determinato dal numero dei membri del Congresso eletti in quello stato, tranne nel caso di Washington DC.
Essi vengono assegnati su base statale secondo la formula winner-takes-all, per cui basta vincere la maggioranza relativa del voto popolare in un determinato stato per vincere tutti i Grandi Elettori in palio in quello stato (le uniche eccezioni sono Maine e Nebraska).
Tale formula è ancora oggi oggetto di dibattito, principalmente poiché il vincitore del voto popolare non necessariamente ottiene la maggioranza dei Grandi Elettori, ed in secondo luogo poiché gli stati più piccoli sono sovra-rappresentati (e, dunque, il voto di un elettore del Wyoming vale di più di quello di un elettore della California); inoltre, questo sistema porta i candidati a concentrarsi sugli Swing States.
Un ultimo elemento da tenere in considerazione è l’early vote, suddiviso in mail ballots e in-person votes; ad oggi, 71 milioni di americani hanno già votato (nel 2016, invece, ‘solo’ 47 milioni votarono in anticipo).
Per approfondire
- FiveThirtyEight: blog associato al New York Times, fondato e diretto da Nate Silver, principe dei sondaggisti americani; Silver, dopo aver predetto correttamente l’esito del voto del 2008 (azzeccando il vincitore in 49 stati su 50) e del 2012 (50 stati su 50), nel 2016 fu tra i pochi ad assegnare a Trump una probabilità significativa di vittoria.
- YouTrend: sito italiano fondato e diretto da Lorenzo Pregliasco e Giovanni Diamanti, si occupa di ‘sondaggi e trend sociali, politici, economici’; in occasione delle elezioni USA sono state pubblicate una serie di analisi ed infografiche molto dettagliate, non solo sulle Presidenziali ma anche sulle altre corse.
- Maratona Mentana: appuntamento oramai fisso per chiunque si interessi di politica, sia interna che estera, andrà in onda la notte del 3 novembre, condotta come sempre da Enrico Mentana, direttore del TG LA7.
- Politico: giornale americano che tratta quasi esclusivamente di politica, è presente anche online; fondato da alcuni ex-giornalisti del Washington Post, offre analisi approfondite dei principali avvenimenti.
- La Repubblica: presenta una sezione del sito dedicata alle Presidenziali; è possibile consultare anche gli articoli sulle elezioni passate.