L’incontro inaspettato

Un’esperienza di arte contemporanea

di Bianca Scagnet

Che cos’è l’arte contemporanea? La risposta non è affatto scontata. Accademicamente gli storici dell’arte definiscono come arte contemporanea tutta la produzione artistica dagli anni ’60. Una definizione univoca, seppur dibattuta. Ma il vero problema sorge quando andiamo a rovistare tra ciò che ricade in questo grande cesto. Beh, ci si trova di tutto: squali in formaldeide, teschi ricoperti di diamanti, teste di sangue congelato, gente che rimane seduta per ore. Il che ci porta al nocciolo della domanda iniziale: cos’è l’arte?

Negli ultimi decenni, insieme alla vertiginosa crescita tecnologica, l’arte ha ampliato di molto il suo campo d’azione, rispetto a ciò che ci aspetteremmo di trovare in una galleria tradizionale. Spesso gli artisti sfidano gli stessi confini di ciò che viene considerato arte. Il che rende il tutto estremamente complicato. Non è raro infatti sentire “Io non la capisco”. Il che, se ci si pensa, è un vero peccato. Ogni opera, di ogni corrente artistica, è stata pensata e realizzata per comunicare qualcosa. Ma gli argomenti a volte possono risultare un po’ estranei al nostro vivere quotidiano. Il contemporaneo, invece, condivide la nostra stessa matrice culturale, ancor più nell’era della globalizzazione, e affronta spesso temi di attualità, che riguardano ognuno di noi. Insomma, l’arte contemporanea ci parla.

Il mio incontro con l’arte contemporanea è stato inaspettato e non convenzionale, ed è avvenuto molto recentemente. Settembre 2019, campo mobile con il mio gruppo scout in Cadore, una bellissima valle incastonata nelle Dolomiti Bellunesi. Partiamo per gli Hike: ogni coppia dovrà raggiungere un posto diverso, passarci la notte e incontrare chi indicato dai capi. La destinazione scelta per me e Alessandro è l’ex Villaggio Eni, a Borca di Cadore. Non abbiamo la minima idea di cosa ci aspetti, ma ci avviamo fiduciosi e arriviamo dove convenuto. Ad accoglierci c’è Gianluca D’Incà Levis, il curatore e ideatore di Dolomiti Contemporanee, nonché padre del cervo Christopher (sì, avete letto bene. Sì, suo figlio è un cervo. Ve lo giuro).   [n.d.r. Vi giuriamo anche che quello è il suo vero nome]

E dal momento dell’incontro, per le successive due ore, veniamo bombardati di informazioni che io, essendo molto ignorante, ascolto con gli occhi sgranati. Ecco quindi un riassunto decisamente riduttivo (sempre perché sono ignorante) di cosa ho imparato quel giorno.

Dolomiti Contemporanee, nata nel 2011, si occupa di ridare vita nel presente a stabili in disuso attraverso l’arte contemporanea. L’Ex Colonia, che io ho avuto l’immenso piacere di visitare, è uno tra i progetti curati da Gianluca. È un cantiere  per la produzione di valore: cultura, paesaggio, comunità, incontro tra nuovo e vecchio. La Colonia è uno stabile dove i figli dei dipendenti Eni andavano a passare le vacanze estive. Un enorme progetto di welfare voluto dallo stesso Enrico Mattei, il fondatore di Eni, che si appoggiò a Gellner per la sua realizzazione. Enorme davvero: nell’edificio più grande, la colonia vera e propria, ci sono 4 km di corridoi. E io ne ho pure pulito una (piccola) parte. La Colonia, insieme ad altri fabbricati che vanno a comporre il Villaggio Sociale, venne costruita tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, per poi essere abbandonata negli anni ’90.Ora le stanze della colonia sono state trasformate in studi e spazi espositivi per gli artisti che collaborano con Dolomiti Contemporanee. È una enorme reinvenzione, una nuova vita per uno stabile iconico, ma dalle potenzialità dormienti. Adesso l’arte risveglia. E risveglia non solo una fabbrica grandissima che sarebbe stata, altrimenti, abbandonata alla deriva degli anni. Risveglia anche coloro che la visitano, o che si interessano; chi è pronto all’ascolto non può rimanere deluso. Oltre all’incontro con una grandiosa idea e la sua altrettanto grandiosa realizzazione, la Colonia mi ha dato l’opportunità di incontrare delle opere d’arte. Certo, mi è servito un interprete: Gianluca ha spiegato a me e Alessandro il significato di quello che stavamo guardando. È stata un’esperienza che ha avuto un fortissimo impatto su di me. E non ci è voluto poi molto, se non mettersi d’impegno nell’accogliere dei messaggi. Messaggi, lo ammetto, che a un occhio poco esperto possono risultare misteriosi, quasi indecifrabili. Ma una volta capite le basi del linguaggio si raggiunge un mondo inaspettato. E sarebbe un peccato precludersi il piacere di questa esplorazione.

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